Testimonianza su Giancarlo Bertolotti
M. Anna Maria Cànopi osb
Abbazia Benedettina «Mater Ecclesiæ» – Isola San Giulio – Orta (Novara)
Ho conosciuto Giancarlo Bertolotti mentre era studente all’Università di Pavia e ospite – con borsa di studio assegnata per merito – dell’Almo Collegio Borromeo. In quegli anni rettore del collegio era don Cesare Angelini con il quale ero in relazione a motivo di comuni interessi letterari.
Giancarlo era più giovane di me, che avevo già terminato gli studi e lavoravo in un centro di tutela minorile istituito presso il Procuratore della Repubblica di Pavia. Ci siamo conosciuti per il comune impegno che avevamo di assistenza ai ragazzi in situazione di disagio e conseguente condotta sregolata. Giancarlo lo faceva come volontario della carità di San Vincenzo.
Ci siamo, quindi, trovati ad interessarci insieme di alcuni ragazzi che lui mi segnalava e che a mia volta gli affidavo perché potesse, in qualche modo, seguirli da vicino.
Posso dire di lui, senza esagerare, che era un giovane straordinariamente buono e puro. Dal suo sguardo traspariva la luce
interiore che lo guidava alla sequela di Cristo, libero dalle molte seduzioni del mondo che facilmente avvincono i giovani. Con i suoi compagni di studi era amabile, ma riusciva a non partecipare alle loro iniziative di divertimento. Il suo tempo era tutto dedicato allo studio e ai bisognosi.
Ricordo bene quando – già decisa ad entrare in monastero – lo incontravo per presentargli alcuni ragazzi particolarmente difficili che rischiavano di essere internati alle carceri minorili Beccaria, a Milano, o che ne erano stati dimessi. Se io avevo verso di loro una sollecitudine materna, non minore era la sua compassione. Egli cercava di aiutarli a migliorare supplendo con le attenzioni le carenze affettive di cui quasi tutti soffrivano a causa della famiglia disastrata che avevano alle spalle o dell’assenza della famiglia, essendo figli di ragazze madri, esse pure bisognose di assistenza.
Giancarlo aveva una maturità superiore alla sua età, e questo era frutto della sua solida fede e della sua preghiera. Anche lui partecipava alla Messa ogni mattina e trovava il tempo per pregare anche durante la giornata. Non si dava mai allo svago. Unica sua distensione, nelle vacanze, era qualche sosta o gita in montagna. La sua passione per le montagne era segno della sua anima contemplativa sempre protesa a cercare il Volto di Dio.
In tutto dimostrava di amare la vita, di amare Dio e la bellezza delle sue creature.
Lo salutai qualche giorno prima di entrare in monastero lungo una via stretta che dal Duomo porta alla chiesa del Carmine. Gli dissi pressappoco queste parole: «Giancarlo, io vado a dare la mia vita per la vita di tutti gli uomini; tu rimani a dedicarti alla vita di quelli che hai attorno e hanno bisogno di essere accolti e amati».
«Spero – mi rispose – di riuscire a farlo con l’aiuto di Gesù e della Vergine Madre». Eravamo arrivati alla chiesa del Carmine, dove allora era parroco don Luigi Gandini, un santo prete animato da grande carità pastorale, particolarmente premuroso verso i malati che spesso accompagnava a Lourdes. Un momento breve ma intenso di preghiera e poi un saluto stringendoci le mani, prima che la commozione giungesse alle lacrime.
Non ci fu tra noi alcuna comunicazione diretta in tutti gli anni in cui io ero in monastero a Viboldone e lui, terminati gli studi di ginecologia, esercitava la sua professione presso il policlinico San Matteo. Mi giungevano ogni tanto echi della sua integerrima condotta professionale, della sua netta opposizione all’aborto, della sua carità nel sostenere le donne povere che egli persuadeva ad accettare la maternità.
Quando ebbi notizia della sua morte per incidente stradale, mentre si recava all’ospedale in automobile a vedere una donna che aveva avuto un parto difficile, pensai: sacrificio della sua vita per la vita! E me lo sentii vicino come nell’ultimo saluto. Ecco, carissimo Giancarlo, per te “tutto è compiuto”! Ora prega per noi!
Fascicolo Cànopi 22 marzo 2014 – A
Fascicolo Cànopi 22 marzo 2014 – B